GLI STUDI SUI PAGAMENTI DEL 2018, HANNO RESO PUBBLICA LA PUNTUALITA’ DI 32 PAESI NEL MONDO, DI CUI 22 EUROPEI.

Partendo dall’UE, la Danimarca guida la classifica come il Paese più virtuoso con l’88,4 % di imprese con pagamenti commerciali puntuali.

Seguono – per completare le prime tre posizioni – la Polonia con il 75,5% e l’Olanda con il 66,3%.

Le imprese portoghesi si trovano in fondo alla classifica europea con solo il 16,1% di puntualità nei pagamenti. Performance negative hanno anche la Bulgaria con il 22,7% e Finlandia e Irlanda, entrambe con il 27,3%.

All’interno dei 22 Paesi europei analizzati, il Belpaese si posiziona al 14-esimo posto con una percentuale di pagamenti virtuosi del 37,3%. Per quanto riguarda l’andamento dei ritardi gravi, l’Italia si posiziona nella parte bassa del ranking con una quota pari al 10,5%.

 

La "mappa dei Rischi 2019" elaborata da Sace, ha messo in evidenza un quadro internazionale molto articolato rispetto allo scorso anno.

Il bilancio del 2018 è di un anno in cui la crescita è proseguita a ritmi elevati, pur se in lieve rallentamento, e il quadro dei rischi si è intensificato a causa di tensioni di varia natura (finanziarie, valutarie e geopolitiche) che hanno investito diverse economie emergenti: Argentina e Turchia sono state le principali “vittime”.

  • Le economie avanzate, pur presentando alcune criticità, non mostrano un quadro in deterioramento. Tuttavia, alcuni rischi al ribasso, quali una Brexit “disordinata” e il rallentamento di Stati Uniti e Unione Europea, vedono aumentare la loro probabilità di accadimento. Guardando ai fondamentali dell’economia americana crediamo che, almeno per il 2019, una recessione o un crollo del mercato azionario siano improbabili.
  • Permane il rischio di nuove turbolenze negli emergenti, specie in quelle economie che per caratteristiche strutturali si mostrano potenzialmente più vulnerabili. Tuttavia, da un lato i timori sono attenuati, in una certa misura, dal probabile “allentamento” della politica monetaria della Fed; dall’altro, occorre effettuare opportuni distinguo: ci sono “emergenti ed emergenti”, con differenti caratteristiche e capacità di far fronte a eventuali shock.
  • Nonostante le criticità, vi sono Paesi (ad esempio, Brasile, India e Indonesia) con fondamentali che ci fanno ritenere che non si verificheranno crisi come quelle che hanno riguardato Argentina e Turchia nel 2018.
  • Una “tregua” è invece in atto con riguardo alla “guerra dei dazi” tra Pechino e Washington: difficile tuttavia prevedere quanto e se durerà, o se invece, ancor peggio per le nostre imprese, dopo i beni cinesi, l’amministrazione Trump metterà nel mirino anche quelli europei (in particolare nel comparto automotive).
  • L’indebitamento globale ha raggiunto i 244 mila miliardi di dollari nel terzo trimestre del 2018 (pari al 318,2% del Pil mondiale e in aumento del 2,5% rispetto al quarto trimestre del 2017) e vede nell’incremento osservato nei mercati emergenti le principali criticità (+5,9%, per un totale di 68,4 mila miliardi).
  • Sul versante dei rischi politici invece, non si sono registrate variazioni rilevanti, salvo i prevedibili peggioramenti in Argentina e Turchia. Si rileva tuttavia un aumento del rischio di trasferimento (un rischio politico “vestito da economico”): Argentina e Turchia figurano di nuovo nell’elenco dei downgrade, insieme a vari Paesi del continente africano (tra cui lo Zambia) e di alcuni Paesi dell’Asia centrale (Turkmenistan, Azerbaigian e Kazakistan).
  • La conoscenza dei rischi è imprescindibile per le imprese, ma finisce con il rivelarsi un esercizio parziale se non abbinato a un’adeguata lettura delle opportunità. Con questa ambizione, SACE SIMEST ha effettuato un’analisi sui primi 100 mercati di sbocco dei beni italiani. Ne è emerso un quadro del nostro export piuttosto eterogeneo e ben distribuito in termini di geografie di destinazione con diversi livelli di rischiosità.
  • Altrettanto ben distribuite risultano le 20 geografie prioritarie individuate da SACE SIMEST. La Cina si conferma tra i migliori mercati in termini di rischio-opportunità. Gli Stati Uniti, nonostante l’atteso rallentamento, continueranno a rappresentare un mercato dalle potenzialità elevate (e ancora non pienamente espresse, specie negli Stati in cui le nostre imprese sono poco presenti). Paesi con vaste popolazioni come Brasile, India, Indonesia e Vietnam, dovranno essere adeguatamente presidiate; la crescita infatti non può non passare anche per le dimensioni del mercato. Tra le geografie a rischio medio alto, non mancheranno buone occasioni per i nostri esportatori anche nel continente africano.

fallimenti, che sono costantemente calati fino allo scorso anno, aumenteranno nel 2019 in 20 paesi del Continente, ad un ritmo dell’1,2% per l’area UE, salendo fino al 7% per l’Italia.

Dagli ultimi dati disponibili risulta inoltre che la Romania mostra dei miglioramenti nelle abitudini di pagamento rispetto agli ultimi anni, con un incremento dei pagatori puntuali e una riduzione dei gravi ritardatari.

COSA FARE IN CASO DI MANCATO PAGAMENTO?

In caso di mancato pagamento, si possono percorrere diverse strade per recuperare i propri crediti sul territorio UE.

Una prima fase è rappresentata dalla richiesta di emissione di un’Ingiunzione di Pagamento (EPO – European Payment Order). Per poter emettere tale Ingiunzione è necessario che, il debitore abbia la nazionalità oppure la sede nell’Unione Europea.

Ad esempio, se il debitore è francese (e la Francia, dunque, fa parte dell’UE) allora si può chiedere l’emissione dell’ Ingiunzione di Pagamento. I tempi sono diversi a seconda del Paese ma in linea di principio in tutti e 28 paesi UE si può chiedere e si può emettere l’EPO.

FASI DA SEGUIRE

1 – Nella fase stragiudiziale, Il recupero dei crediti all’estero e la messa in mora avviene dopo una complessa fase di ricerca delle informazioni (le c.d. Indagini) utili per valutare la solvibilità del debitore. Senza questa fase, diventa non solo difficile ma anche improbabile un approccio corretto al recupero.Una volta terminata questa prima fase di indagini, la pratica sarà pronta per essere attivata nei confronti del debitore insolvente.

Il “mandato” consiste nell’inviare una formale lettera al Debitore nella sua lingua originale. Passati i tempi di attesa menzionati sulla diffida (normalmente 15 giorni), il debitore viene contattato telefonicamente per verificare i motivi ostativi al mancato pagamento.

Il contatto telefonico costituisce sempre un primo tentativo di recupero dei crediti insoluti, ed aiuta il legale a raccogliere una serie di informazioni ed impressioni che saranno utili per espletare le fasi successive.

2 – Se la prima fase non risulta essere risolutiva, prima di procedere con la fase giudiziale si tenta un approccio diretto visitando la controparte.

Nel caso in cui neppure l’incontro con il debitore dia risultati si procedera con la fase giudiziale. Con questa fase, il recupero crediti entra più nel concreto. I  nostri collaborati legali, aventi giurisdizione nello stato dove deve essere riscosso il credito, inizieranno la causa secondo le modalità e le regole vigenti nello stato dove si recupera il credito.

Se il debitore continua a non pagare anche in questa fase, allora si procede con l’esecuzione vera e propria, giungendo sino al pignoramento di tutti i beni in capo al debitore ovvero tutti i beni necessari per soddisfare le esigenze del creditore.

ALCUNE ECCEZIONI

Se il debitore è di nazionalità Svizzera, sebbene ci si trovi in Europa, non avendo aderito all’Unione europea l’ingiunzione di pagamento non è applicabile. Dunque, per un recuperare un credito in Svizzera bisogna conoscerne a fondo le leggi per valutare se è meglio procedere con la via giudiziale oppure stragiudiziale.

Lo stesso vale per i Balcani Occidentali (Albania, Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo e la Repubblica di Macedonia).

FATTORI FONDAMENTALI DA TENERE PRESENTI QUANDO SI PARLA DI RECUPERO CREDITI INTERNAZIONALE

  • Contestualizzare ogni caso specifico per poter capire se si applica o meno l’EPO.
  • Valutare l’approccio stragiudiziale o giudiziale.
  • Analizzare il rischio giudiziale del Paese in cui si deve agire in modo da capire il grado di performancee di equità di un tribunale e consente, così, di ipotizzare le possibilità di successo o insuccesso di una causa legale in quel Paese.